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Alla scoperta di Capsule Monsters, il primo concept di Pokémon

I mostri tascabili conosciuti in ogni angolo del pianeta in origine erano mostri “in capsula”. Ecco gli albori del mondo Pokémon in questo viaggio alla scoperta di Capsule Monsters.

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   · 15 min lettura Mondo
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Il nome “Capsule Monsters” non suonerà certo del tutto nuovo alle orecchie degli appassionati del mondo dei mostriciattoli tascabili più informati. Si tratta infatti del primissimo titolo con cui Game Freak aveva battezzato, nell’ormai lontano 1990, il progetto che avrebbe visto la luce solo sei anni più tardi come “Pokémon”.
In questo spazio esploreremo, grazie all’attentissima analisi di Helix Chamber e alle traduzioni di GlitterBerri, il percorso che ha visto Capsule Monsters evolversi nell’universo che tutti conosciamo, a partire dalla sua proposta a Nintendo  da parte di un’esordiente Game Freak fino al suo sviluppo definitivo.

Il fascicolo con cui Satoshi Tajiri e Ken Sugimori gettano le basi per il loro ambizioso progetto si apre con una descrizione delle principali caratteristiche del gioco, delle sue meccaniche e delle innovazioni che intende apportare al panorama videoludico del tempo.

Una storia (ipotetica) ambientata in un futuro non tanto lontano

È passato un mese dal lancio di Capsule Monsters, un gioco di mostri che fonde elementi dei giochi di ruolo con un mondo pieno di dungeon. Conoscete quelle macchinette che si trovano davanti ai negozi di caramelle e di giochi che vendono giocattoli in capsule chiamate “gashapon”, vero? Credo di poter descrivere il gioco come simile all’eccitazione che si prova collezionando quelle capsule.

In Capsule Monsters, 200 tipi di mostri virtuali vivono in altrettanti dungeon sotterranei virtuali nel Game Boy. L’eroe del gioco può fare amicizia con questi mostri e portarli dalla sua parte aumentando il proprio Carisma, un parametro di gioco non molto conosciuto dal pubblico giapponese. Il Carisma compare nella serie Wizardry (una serie di videogiochi di ruolo nata nei primi anni ’80, ndr), ma sembra che i giochi giapponesi non ne facciano uso. Naturalmente, Capsule Monsters permette di catturare le creature vive anziché di sconfiggerle in battaglia com’è stato fatto nei giochi di ruolo finora.

Il roster di oltre 200 specie di mostri include creature che potresti non incontrare, che potrebbero decidere di non allearsi con te e creature che perderai la possibilità di incontrare completamente e che quindi non potrai mai catturare. Io e il mio amico li chiamiamo “mostri illusori”.

Tra le caratteristiche principali del progetto non poteva mancare quella che più di tutte avrebbe rappresentato l’intero brand in futuro, ovvero la dinamica degli scambi, notoriamente ispirata nella mente di Tajiri dalla comparsa del Cavo Game Link per Game Boy.

In classe, la discussione sui Capsule Monsters si scalda molto dopo il suono della campanella. Chi ha quale personaggio illusorio? Quanti? Non ci stiamo solamente vantando. Quando io e i miei amici troviamo un accordo, connettiamo i nostri Game Boy via Cavo Link e possiamo usarlo per scambiarci i mostri. È per questo che siamo eccitati, perché stiamo negoziando quali mostri scambiare per cosa, e quanti.

È interessante notare che la proposta iniziale non prevedeva la divisione del gioco in due versioni gemelle. L’idea è stata suggerita in fase di sviluppo da Shigeru Miyamoto, severo supervisore del progetto, per favorire la comunicazione tra i giocatori e per rendere più stimolante il pensiero di possedere un gioco unico e personale anche in un gruppo di amici o in famiglia.

Nonostante il ruolo del protagonista sia mutato leggermente nel corso dello sviluppo del progetto perdendo le caratteristiche tipiche dei videogiochi di ruolo come la presenza di proprie statistiche, alcune funzioni, come la cattura dei mostri, erano già piuttosto chiare già dagli albori.

Nel fascicolo si trova anche uno studio dettagliato della capsula, un po’ differente dalla Poké Ball che conosciamo e molto più simile alla sua ispirazione, ovvero le palline dei gashapon. La primordiale Poké Ball si apriva infatti in modo diverso, attraverso un pulsante posto sul retro, mentre per sigillarla bastava ruotare la parte superiore.

Una delle idee iniziali riguardava la possibilità dell’eroe protagonista di combattere personalmente, ma, come racconta Sugimori, questo dettaglio avrebbe vanificato la necessità di catturare le creature selvatiche compromettendo la credibilità del gioco stesso.

Nonostante questa idea sia stata scartata quasi subito, una sua traccia è sopravvissuta fino ai giochi definitivi. Infatti, nelle bozze di Capsule Monsters (chiamato anche “Capumon“) è possibile vedere come, durante un combattimento, gli Allenatori coinvolti brandiscano delle fruste. Come i fan di vecchia data ricorderanno, questo dettaglio è presente anche negli sprite di prima generazione della Capopalestra Sabrina e di alcune classi Allenatore come i Fantallenatori, le Reclute del Team Rocket e i Domatori.

Non ha quasi per niente risentito dei sei anni di sviluppo l’ambientazione su cui il giocatore si muove: la mappa della regione di Kanto è rimasta pressoché invariata, a eccezione di un dettaglio. Nella versione del 1990, infatti, è presente una misteriosa località in più, presumibilmente una città (che nella mappa è denominata “C” e si trova appena sotto Azzurropoli) del tutto inesistente nella cartina definitiva. Tenendo conto della fisionomia di Kanto (sia la regione dei Pokémon sia quella del Giappone reale), doveva trattarsi probabilmente di una zona marittima.

Sorprendentemente, nonostante le due versioni siano così simili a livello di percorsi e città, non si può dire lo stesso per la natura della regione, che nel progetto Capumon presentava una serie di habitat molto più eterogenea, con deserti, fiumi e laghi.

Similmente a quanto accade con le MN e con il più recente PokéPassaggio, anche in Capsule Monsters l’Allenatore protagonista poteva esplorare determinate zone della mappa solo grazie all’aiuto delle creature che catturava e addomesticava. Inutile dirlo, uno dei mostri creati con questo scopo è Lapras, uno dei primi Pokémon a essere inventati.

L’idea di mostriciattoli che vivono e lavorano fianco a fianco con gli esseri umani era quindi ben radicata già dalle primissime fasi dello sviluppo dell’universo Pokémon, anche se il loro rapporto è andato delineandosi gradualmente. Come ricorda Masuda, infatti, inizialmente la relazione tra umani e Pokémon avrebbe dovuto essere simile a quella tra umani e animali, ma in fase di sviluppo Game Freak ha deciso di renderlo il rapporto alla pari, tra amici, che conosciamo.

Addentrandosi nei particolari del concept delle città, non sorprende quindi vedere mostriciattoli passeggiare accanto ai propri Allenatori o lavorare per il proprio essere umano. Quello che invece si distacca sostanzialmente dal mondo Pokémon che conosciamo è che, come si può notare in questa bozza di Sugimori, alcuni mostri sono chiusi in gabbia.

Un’occhiata più dettagliata all’interno del Pokémon Market rivela infatti che la cattura non era l’unico modo per ottenere i mostriciattoli, ma che essi si potessero anche comprare proprio all’interno dei comuni negozi. Alcune delle creature ottenibili in questo modo potevano però essere comprate solo una volta che il giocatore avesse raggiunto un certo livello di esperienza.

Mentre nei giochi definitivi il commercio di Pokémon è fondamentalmente condannato (l’uomo che vende Magikarp per 500 Poké nel Centro Pokémon sul Percorso 4 è un truffatore e il Casinò di Azzurropoli è gestito dal Team Rocket), in Capsule Monsters era semplicemente un metodo alternativo per collezionare i mostri. Probabilmente essi potevano anche essere venduti, sia all’interno del gioco sia nel sistema di scambio tra giocatori, infatti nell’idea della schermata delle statistiche figurava anche il valore monetario del mostriciattolo in questione.

In ogni città, figurava naturalmente anche il corrispondente degli odierni Centri Pokémon, chiamati allora Hotel Pokémon. Il nome non è casuale, infatti essi fungevano da punto di ristoro non solo per i mostri, ma anche per gli esseri umani. Questa concezione è stata ripresa in particolare dalla serie animata, in cui i Centri Pokémon vengono presentati come dei veri e propri luoghi di riposo per gli Allenatori.

Sembra che gli Hotel Pokémon prevedessero delle vere e proprie stanze provviste anche dell’apparecchiatura necessaria a curare la propria squadra, funzione che non veniva svolta da un’infermiera (qui assente), ma direttamente dagli Allenatori. Da questo dettaglio si può evincere che l’idea di un mondo i cui abitanti vivono a stretto contatto con scienza e tecnologia fosse già ben radicata.

Sappiamo che sono serviti ben sei anni di lavoro perché l’universo abbozzato da Tajiri e Sugimori si evolvesse nel mondo Pokémon che conosciamo. È tra la fine del 1994 e l’inizio del 1995 che viene stampata una rifinita lista ufficiale dei mostri trovabili nel gioco, nel fascicolo intitolato “PM (Pocket Monsters) Kaiju Zukan” (“elenco illustrato dei mostri Pocket Monsters”), che comprendeva sia i 151 Pokémon della prima generazione definitiva sia probabilmente i 39 MissingNo., tra i quali figuravano anche Kotora e Raitora, i mostriciattoli simili a tigri che abbiamo conosciuto grazie alla demo di Pokémon Oro e Argento del 1997.

In questo periodo infatti il progetto acquisisce il suo nome definitivo, a causa di un conflitto di trademark: i “Capsule Monsters” erano infatti personaggi di Ultraseven, una serie televisiva fantascientifica di cui Tajiri era fan.

Ma andiamo per ordine: un roster così ampio e ambizioso (Tajiri aveva menzionato la presenza di oltre 200 mostri) ha avuto bisogno di numerosi perfezionamenti prima di dare vita al Pokédex che conosciamo. La sua creazione si è estesa per tutto il periodo dello sviluppo del progetto, riassumibile in cinque fasi, che corrispondono a importanti cambiamenti che hanno portato il concept iniziale a evolversi.

I mostri risalenti al primo periodo, i Capumon originali, sono perlopiù creature rettiliformi ispirate ai dinosauri, ai Kaiju (mostri della fantascienza nipponica il cui capostipite è Godzilla) e al folklore giapponese. Tra i primissimi a essere disegnati compaiono sia volti noti sia mostri che non avrebbero mai visto la luce, ma sui quali cercheremo di scoprire le caratteristiche che comparivano nei documenti iniziali, e anche bozze di Pokémon arrivati nei giochi definitivi in seguito a modifiche grafiche.

Nonostante Rhydon sia proverbialmente il primo Pokémon mai creato, esisteva un mostro chiamato “No.1“, la versione preparatoria di un Capumon poi denominato Gyaoon, dalla fisionomia tutto sommato simile a quella del Pokémon Trapano e inequivocabilmente ispirato a Godzilla. Il suo verso peculiare era quello in seguito associato a Ivysaur.

A proposito di Ivysaur, il suo design primordiale era quello riportato qui di seguito.

Godzillante e Gorillaimo comparivano come placeholder nella dimostrazione della schermata di lotta. Probabilmente, questi due non facevano parte del roster effettivo, ma si trattava di caricature ironiche di Godzilla e King Kong.

Anche Dragon4 fa parte della stessa categoria, compariva infatti come placeholder nel prototipo della schermata delle statistiche dei mostriciattoli.

O” è uno dei Capumon più misteriosi: scartato quasi subito, il suo sprite completo non è mai stato reso noto al pubblico né la sua forma è intelligibile dai pochi dettagli che sono visibili in quest’unico frammento, presumibilmente una bocca e un piede. Il suo nome è dovuto all’unica lettera rimasta leggibile nella stampa.

Il mostro Viverna che nella copertina del fascicolo del progetto di Capsule Monsters combatte contro Proto-Gengar è stato in passato erroneamente associato a Nidorino, probabilmente a causa del celeberrimo scontro tra quest’ultimo e Gengar che fa da filmato introduttivo nei giochi di prima generazione. In realtà, il suo design è molto diverso da quello di Nidoran M e Nidoking, già delineati in modo quasi definitivo già in questa prima fase, e somiglia di più a Gyaoon.

Il Capumon che compare più spesso nelle pagine del fascicolo è questo mostro Rinoceronte simile a Rhydon. Si trattava probabilmente di un mostriciattolo generico dai tratti tipici dei Capumon di quel periodo.

A questo periodo appartengono i primitivi design di Clefairy (di cui ben poco è stato conservato nella versione definitiva) e di Spearow, che fondeva al suo interno dettagli che più tardi avrebbero probabilmente ispirato Pidgey e Farfetch’d.

Curiosamente, già in questa fase davvero primordiale troviamo delle bozze di mostriciattoli non ancora completamente formati (in una forma simil-fetale) e di cuccioli (simili in tutto e per tutto alla loro forma adulta) appena usciti dai loro gusci. Esatto, stiamo parlando di Uova Pokémon, in un periodo molto precedente alla seconda generazione dove la funzione dell’accoppiamento sarebbe stata introdotta.

In questa prima fase di sviluppo del progetto, il concetto di evoluzione era appena abbozzato, mentre non c’era ancora traccia della suddivisione in tipi.

Esisteva probabilmente però una prima suddivisione dei mostri in poche grandi categorie. La più classica è quella dei mostri tipici dei giochi di ruolo come Grimer e Gastly (che ricoprivano i ruoli di mostro slime e fantasma molto comuni nei classici videogiochi di ruolo) e dei “Mimic”, quei mostri che si celano dietro un’apparenza innocua come Voltorb (che già all’epoca poteva essere scambiato per uno strumento), Tangela, Exeggcute ed Exeggutor.

La categoria più “popolata” è quella già menzionata dei mostri ispirati ai Kaiju. Ne facevano parte Gyaoon, Rhydon, Rhyhorn, Staryu, Proto-Ivysaur, Nidoking, Nidoqueen, Kangaskhan e Blastoise (al quale si faceva inizialmente riferimento con il nome “Karabajo”, traslitterabile come “Caravaggio”).

La fauna comune era rappresentata da Cubone, che doveva abitare la regione desertica poi scartata, Spearow e mostri acquatici come Tentacool e Shellder, che popolavano fiumi, laghi e mari della Kanto iniziale.

Da un appassionato della categoria come Tajiri, non si potevano non aspettarsi Capumon ispirati a insetti giganti come Pinsir e Scyther. Questi, si può dire, sono la principale incarnazione dell’idea di Tajiri di creare un gioco in cui poter catturare mostri come i bambini giapponesi dei suoi tempi catturavano gli insetti.

Nel fascicolo si parlava anche di mostri aiutanti come Lapras, il mostro Rinoceronte che un una delle bozze trasporta valigie e anche Clefairy, probabilmente pensato come mostriciattolo da compagnia.

In questa fase, il motto “Acchiappali tutti!” non era ancora stato coniato. Erano infatti previsti Capumon nemici che non potevano essere catturati, ma solo sconfitti, come dei veri e propri boss dei dungeon.

I Power Kings erano una misteriosa categoria iniziale i cui componenti erano “forti come soldati”, ma anche piuttosto comuni all’interno dei dungeon. Il giocatore poteva sfruttare la loro impressionante forza per combattere nei labirinti e trovare così altri Capumon più rari.

Tra i mostri ispirati a figure del folklore giapponese figuravano Slowbro, Lickitung, Gyarados e Arcanine.

Anche se nessun Capumon è notoriamente associato a questa categoria, nel progetto si fa riferimento a dei Mostri Miraggio, con tutta probabilità l’idea che avrebbe dato origine agli odierni Pokémon Leggendari e Misteriosi.

È proprio la comparsa della suddivisione in tipi, che sostituisce quella in categorie, a segnare l’inizio del secondo periodo. Quasi tutti i tipi di Pokémon che ritroviamo nei giochi di prima generazione vedono la luce in questa fase, compreso il tipo inutilizzato denominato “Bird”, riscontrabile solo in MissingNo.. È in questo momento che il battle system assume le modalità che conserva tuttora.

In seguito a questa svolta, i mostri che vengono disegnati in questo periodo, anche grazie all’aggiunta di Morimoto e Fujiwara alla squadra di Game Freak, possiedono una forte ispirazione all’elemento di appartenenza anche dal punto di vista grafico. Molti dei Pokémon risalenti a questa fase sembrano delle vere e proprie incarnazioni del loro tipo. Vengono inoltre implementati all’interno del roster mostriciattoli ispirati agli animali del mondo reale, che contribuiscono a creare un ecosistema molto più vario e verosimile.

A questa fase risalgono i sei Pokémon trapelati di recente scartati dalle versioni definitive e ridotti a MissingNo., Deer, Crocky, CactusJaggu, Barunda e il mostriciattolo dal nome ignoto simile a un elefante.

Tra i mostriciattoli inutilizzati troviamo anche Pauwau, una versione ancestrale di Seel ispirata a una foca leopardo e dall’aspetto tutt’altro che elegante. Segnalato come migliorabile, è stato effettivamente migliorato nel suo design definitivo.

L’inizio del terzo periodo, tra la fine del 1993 e l’inizio del 1994, è senza dubbio segnato dall’espansione del concetto di linea evolutiva. La dinamica dell’evoluzione dei Pokémon viene studiata nei dettagli, infatti è proprio a questa fase che risale l’ideazione delle diverse modalità evolutive, come le pietre e le evoluzioni ramificate.

I nuovi mostriciattoli che vengono introdotti in questo momento continuano a essere basati sul proprio tipo di appartenenza e, grazie anche all’ingresso di Nishida nel team, fanno la loro comparsa i primi Pokémon graziosi.

Qui troviamo anche alcuni design scartati e rimasti inutilizzati, come la linea evolutiva di Kokaana, la versione ancestrale di Weedle. Questo Proto-Weedle non è poi così diverso dalla sua controparte definitiva, ma difetta dei proverbiali aculei. Quello sulla coda manca completamente, mentre quello sulla testa è sostituito da una piccola bombetta. La sua evoluzione Kasanagi è invece molto diverso da Kakuna, ma il suo design potrebbe aver ispirato l’aspetto di Kricketot. L’ultimo stadio di questa linea evolutiva non ha un nome, ma mentre non condivide niente con la sua controparte Beedrill, potrebbe aver ispirato Ledyba ed Heracross.

Nyosuka, rimpiazzato da Poliwrath, presenta un particolare interessante: indossa una piccola corona. Questo dettaglio avrebbe in seguito probabilmente ispirato il metodo evolutivo di Politoed attraverso la Roccia di Re. Questo design è stato scartato perché secondo gli sviluppatori non aveva un aspetto abbastanza forte e sarebbe stato deludente per i giocatori allenare tanto un Pokémon per poi avere come risultato un mostriciattolo dall’aspetto debole.
Tra le evoluzioni inutilizzate troviamo anche Gorochu, il fantomatico stadio successivo a Raichu.

Gli ultimi tre mostriciattoli che analizzeremo non sono in realtà mai stati pensati come effettivi Pokémon, ma comparivano piuttosto come placeholder all’interno di alcuni storyboard preparatori.
Kabiin, utilizzato nella descrizione della fase di cattura, sembrerebbe una buffa caricatura del designer Koji Nishino. Paradossalmente, questa creatura nata per scherzo potrebbe aver ispirato Pokémon come Snorlax e Jigglypuff.

Papyoo e Buhii sono invece due strambi mostriciattoli, simili rispettivamente a un insetto e a un gatto, utilizzati nell’illustrazione della dinamica degli scambi.

La funzione del quarto periodo è stata fondamentalmente aggiungere stadi evolutivi ai Pokémon creati precedentemente, così come il quinto e ultimo, che ha arricchito la fauna di Kanto di linee evolutive più comuni formate da due stadi. L’aggiunta più importante dell’ultima fase sono stati senza dubbio i Pokémon iniziali.

L’idea di avere tre Pokémon di tipi diversi tra cui scegliere, ricorda Sugimori, è arrivata nel bel mezzo della fase di sviluppo. Le linee evolutive di Charmander e Squirtle (escluso Blastoise) sono state tra le ultime a vedere la luce, dando adito alla teoria secondo cui originariamente i Pokémon iniziali avrebbero dovuto essere altri, come Nidoran M e Nidoran F, che vantano molto spazio a loro dedicato nel progetto Capumon. Anche gli sprite dello Spettro di Lavandonia e degli scheletri di Kabutops e Aerodactyl appartengono all’ultimo periodo.

Questo viaggio alla scoperta della genesi del mondo Pokémon termina qui. In sei anni di lavoro, l’universo dei mostri tascabili si è evoluto in modo sostanziale, dando vita a qualcosa di molto più innovativo e credibile rispetto alla sua prima bozza. Aspettiamo con ansia ogni suo prossimo stadio!

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