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Tra orrore e mistero: la storia del Finis Paldeae

Tre ragazzi, un libro e i misteri di un’antica storia: il Finis Paldeae. Pronti per un racconto di paura e sventure?

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Sono passati già 3 mesi dall’inizio del nuovo anno scolastico all’Accademia Uva. L’attività della ricerca dei tesori è entrata nel vivo e moltissimi studenti, partiti dalla vivace città di Mesapoli, sono ora in viaggio per la regione di Paldea, uniti tutti da un unico obiettivo: trovare il proprio tesoro e vivere la propria personale storia. La vera amicizia, combattere per diventare l’Allenatore più forte, o affrontare i propri demoni del passato: tutti nobili e comuni obiettivi.

Tuttavia, la ricerca dei tesori che i nostri redattori, Silvio Roberti e Federico Dal Barco, narrano qui è di diverso tipo. A volte i tesori non si trovano solamente in montagne desolate o laghi sconfinati, ma sono nascosti nei luoghi che più frequentiamo e che spesso definiamo casa. Il tesoro di questa storia è stato celato per anni per la sua pericolosità e l’amore per la scienza del suo custode l’ha sempre protetto da occhi indiscreti. Questa storia narra di un libro: fonte di importante conoscenza, ma anche di sventura e di un cruento passato. Questa storia però, parla anche di Pokémon, della loro nascosta indole e del nostro rapporto con queste creature. Siete pronti per un viaggio nel Finis Paldeae?

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Incipit

“Tu sei matto…” disse Ario alzandosi indispettito dal letto dove i tre amici si erano dati convegno.

“Non sono matto! Secondo i miei calcoli, che come ben sapete sono sempre corretti, la stanza segreta si trova al secondo piano della biblioteca, direttamente dietro lo scaffale che contiene i libri di approfondimento sui Pokémon di tipo Spettro. Elemento a favore della mia tesi numero 1: non è un caso che molti dei nostri compagni di classe si lamentino dell’odore di muffa e di stantio che si percepisce nel secondo piano. Elemento a favore della mia tesi numero 2: ho chiaramente udito la professoressa Morasia incalzare Clavel per ottenere accesso alla stanza segreta, tentativo evidentemente fallimentare visto che Clavel se n’è andato indispettito dalla discussione. Elemento a favore della mia tesi numero 3: i nostri Pokémon…” ribatté convinto Savio.

Lidia a quel punto si intromise “Savio, questa storia è tanto interessante quanto pericolosa. Io non ho nessuna intenzione di farmi espellere dall’Accademia per questa bravata, a maggior ragione proprio durante le selezioni per il periodo di studio all’Accademia Mirtillo. Ho già dovuto saltare la visita a Nordivia per una malattia, non posso perdere quest’altra occasione. Resta pur sempre vero che la faccenda dei nostri tre Pokémon è proprio curiosa e… beh, non ho mai visto la professoressa Morasia insistere tanto per ottenere qualcosa”.

“Che è questa storia riguardo ai nostri Pokémon?” disse Ario spazientito.

“Non presti mai attenzione, Ario, ci credo che i tuoi voti quest’anno sono così bassi” commentò fiero Savio.

“Ah si? Vuoi provocarmi? Ti ricordo che ancora non mi hai battuto in nessuna battaglia coi Pokémon, forse faresti meglio a guardare la realtà piuttosto che continuare con i tuoi inutili calcoli!”

“Smettetela voi due, altrimenti ci farete scoprire!”

Ario, Savio e Lidia si erano dati appuntamento nella camera del dormitorio della ragazza fuori dall’orario consentito. Il coprifuoco dell’Accademia Uva, come sapevano persino i muri ormai, era alle ore 22:00, mentre ormai la mezzanotte era già passata e la debole candela dei tre studenti si stava lentamente spegnendo.

“Te lo spiego io, Ario, però presta attenzione perché non te lo ripeteremo di nuovo” disse Lidia conciliante. “Come sai, nella nostra imponente biblioteca ci sono scaffali dedicati a ogni tipologia di Pokémon. Nella zona dedicata ai Pokémon di tipo Spettro si trovano moltissimi materiali utili: liste di tutti i Pokémon di tipo Spettro conosciuti, cataloghi delle mosse che possono imparare, trattati di biologia Pokémon che risalgono a moltissimi anni fa. Insomma, ci sono tantissimi libri. Bene, ora drizza le orecchie: come ben sai, recentemente il mio amato Duskull si è evoluto in Dusclops, e altrettanto è successo al Frillish di Savio, diventato un carinissimo Jellicent. Da bravi Allenatori, ci siamo recati spesso nella biblioteca per trovare informazioni sui nostri nuovi Pokémon Spettro. Ma zero, nada, nichts, nulla… non esistono dati riguardo a Dusclops e Jellicent.”

“Beh, ma la ragione è ovvia, no? Frillish e Duskull vi sono stati regalati dai vostri genitori che non vivono qui a Paldea. Non vedo perché la biblioteca dovrebbe avere informazioni a riguardo…”

“Sei uno sciocco!” disse Savio indispettito.

“Calmati, Savio” disse con tono imperioso Lidia, che ora tradiva sempre più il suo interesse per il mistero. “E tu, Ario, se frequentassi la biblioteca sapresti che ci sono centinaia di libri dedicati a Pokémon che non provengono da Paldea, come Duskull e Frillish. Il fatto è che mancano proprio tre tipi di libri: quelli su Dusclops, quelli su Jellicent, e…”

“Quelli sul mio Ceruledge, ho capito…” disse Ario.

“Esatto” prese parola Savio “quelli su Ceruledge. Volete dirmi che tutti questi misteri non stuzzicano la vostra curiosità? Tutti i nostri compagni sono in giro per Paldea a esplorare grotte o foreste in cui al massimo troveranno qualche Orthworm o Scovillain. Questi sono tesori patetici! Noi abbiamo di fronte il tesoro più grande di tutti: la conoscenza di antichi segreti sull’Accademia e sui Pokémon. Aggiungete a questo fatto che i nostri tre Pokémon più fedeli sono precisamente i Pokémon mancanti della biblioteca. Io scommetto che Dusclops, Jellicent e Ceruledge sono la chiave che consente l’accesso alla biblioteca. Sono stati cancellati dagli scaffali Spettro perché qualcuno non voleva che si accedesse alle stanze segrete. Forse lì si celano evidenze compromettenti sul preside Clavel, motivo per cui non ha concesso l’accesso alla stanza alla professoressa Morasia e, che io sappia, a nessun altro. Forse possiamo incastrare quel miserabile e riuscire a cambiare preside! Non sarebbe fantastico?”

“Calmati, Savio” disse ancora Lidia “non è da te agitarti in questo modo per un’ipotesi del genere. Devo ammettere però che sono molto curiosa anche io. Tutti gli elementi che hai diligentemente raccolto puntano verso il secondo piano e, del resto, anche se venissimo scoperti in biblioteca fuori dall’orario consentito, la pena massima che ci potrà essere inflitta sarà qualche compito aggiuntivo. Possiamo mentire dicendo che eravamo in biblioteca per studiare, mica possono espellerci per questo.”

“Esatto!” esclamò Savio con un tono di voce forse troppo pericoloso per quella circostanza, ma ormai l’eccitazione del giovane studioso prodigio dell’Accademia era al massimo “l’accesso è facile, basterà essere silenziosi e vedrete che tutto filerà liscio.”

A quel punto Lidia e Savio erano già convinti, avrebbero fatto di tutto per completare l’impresa. Una cosa mancava però: l’ok di Ario. Spaventati da possibili imprevisti, o forse ispirati da un sinistro presagio, volevano che l’Allenatore più forte della loro classe fosse con loro. Di andare in coppia non se ne parlava, ma con l’aiuto del combattente le cose sarebbero state più sicure. Ario, dal canto suo, non aveva alcun timore di espulsioni o compiti aggiuntivi, la cosa semplicemente lo annoiava. Entrare in biblioteca era un’attività che non faceva nemmeno quando era permesso, perché avrebbe dovuto sprecare il suo tempo per tentare di entrarci a luci spente? Una sola cosa gli interessava: far crescere al meglio il suo famoso Ceruledge cromatico. Su questo Lidia e Savio avevano insistito molto, conoscendo i punti deboli del compagno. Savio insisté sui potenziali tesori che la stanza proibita celava: consigli su come rendere questi tre Pokémon delle macchine da combattimento eccezionali, o forse semplicemente una quantità spropositata di Caramelle Rare. Menzogne o oniriche illusioni, ma Ario era facile da convincere quando si parlava di migliorare le sue abilità in combattimento.

“Ok, ci sto” disse finalmente Ario “però dovete promettermi una cosa. In caso ci siano veramente montagne di Caramelle Rare le divideremo come decido io: 50% per voi due e il restante per me. Non faccio la guardia del corpo gratis. Capito?”

Estasiati, Lidia e Savio acconsentirono a tutte le richieste di Ario che, anche se si rendeva probabilmente conto dell’assurdità di quella contrattazione, ormai cominciava a cedere al richiamo della stanza proibita. I tre si diedero appuntamento alle ore 23.30 della serata successiva. Imperativi erano la puntualità, portare con sé il proprio fidato Pokémon di tipo Spettro e, naturalmente, indossare delle pantofole: il silenzio era la priorità.

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Capitolo 1: l’ingresso

Era una grigia sera d’autunno e fuori dalle vetrate dell’Accademia Uva imperversava una forte tempesta, con lampi accecanti che illuminavano i corridoi della scuola. A quell’ora studenti e professori erano già chiusi nelle loro camere, un momento perfetto per Lidia, Ario e Savio. Solitamente una coppia di Growlithe faceva da guardia all’ingresso della biblioteca nelle ore notturne, ma Lidia si era preparata un piano: lo Sbadiglio del suo Dusclops bastò ad addormentare facilmente i due cani da guardia. Intorno alle 23:40, i tre ragazzi stavano già risalendo le scale dell’imponente biblioteca per ricercare la sezione decisiva.

La biblioteca si sviluppava su 4 piani. Nel primo, quello solitamente dedicato ai giovani studenti appena entrati nell’Accademia, erano conservati manuali scolastici sulle debolezze e resistenze dei Pokémon, spiegazioni sull’uso di alcuni strumenti basilari come le Pozioni e i Revitalizzanti e romanzi sui Pokémon provenienti da altre regioni. Savio aveva trascorso pochissimo tempo nel primo piano durante i suoi studi. Già conosceva a memoria i rapporti fra i tipi Pokémon prima di entrare nell’accademia, perciò aveva potuto dedicare gran parte dei suoi studi ai libri della storia passata di Paldea, collocati nel terzo piano della biblioteca, e ai trattati scientifici sul linguaggio e la biologia dei Pokémon nel quarto piano.

Molto aveva discusso con Morasia riguardo alla veridicità del Libro Violetto, sulle antiche leggende di Sinnoh e fantasticato sull’esistenza del drago originario nella propria patria Unima. Il rapporto speciale con la professoressa di storia gli aveva permesso di scoprire un dettaglio che non aveva rivelato ai suoi due compagni d’avventura. Mentre i tre salivano le interminabili scale che separavano i due primi piani della biblioteca, Savio ripensava alle parole della professoressa: “Ho condotto molte ricerche sulla stanza proibita. Clavel non è disposto a rivelare nulla, ma è sapere comune ormai che lì dentro si celano molti libri che parlano di Pokémon. Non ci troverai strumenti rari o tesori materiali, ma conoscenza e storia. Se sei disposto a correre il rischio di superare il coprifuoco io ti posso coprire, anche in caso venissi scoperto. Devi solamente promettere che riuscirai a convincere quei tuoi due compagni di classe, la presenza di Dusclops e, in particolare, di quel raro Ceruledge è di essenziale importanza”.

Arrivati finalmente all’ultimo scalino per il secondo piano, Lidia si irrigidì improvvisamente. Il suo più grande terrore, la causa del suo fallimento come studentessa, il motivo per cui i suoi genitori l’avrebbero immediatamente richiamata a Porto Alghepoli, tutto questo stava per diventare realtà: erano stati scoperti. Spaventati da quell’insolita reazione, Savio e Ario si affrettarono a chiedere il motivo dell’improvviso blocco. Lidia non fece altro che usare le poche forze rimaste per indicare col dito verso lo scaffale prescelto, quello che conteneva i libri relativi ai Pokémon di tipo Spettro. Morasia li stava aspettando mentre era immersa nella lettura di un trattato sui poteri di Sinistcha.

Savio, a quel punto, si avvicinò intraprendente alla professoressa “lo sapevo che non ce l’avresti fatta a lasciarci soli, la curiosità è troppa, vero?”

“Le grandi scoperte richiedono grandi menti, mio caro. La più grande esperta di storia di Paldea sarà sicuramente un valido alleato per la vostra ricerca, non credi?” rispose Morasia.

“Cosa!? La professoressa infrange le regole della scuola? Ma allora perché io devo venire punito ogni volta che arrivo in ritardo alle lezioni?” disse Ario indispettito.

“Sono qui per la scienza e la storia, Ario, tu salti le lezioni per pigrizia, è una cosa diversa. Ma ora non abbiamo tempo per queste sciocchezze. I vostri Pokémon conoscono la mossa Ombra Notturna, corretto?”

Savio e Ario si affrettarono a far uscire dalle loro Poké Ball Jellicent e Ceruledge. Naturalmente Ceruledge conosceva moltissime mosse e, nonostante solitamente non usasse Ombra Notturna in battaglia, il Pokémon confermò all’Allenatore di ricordarla senza problemi. Savio aveva invece insegnato di proposito quella mossa al suo Jellicent, come imposto dalla professoressa qualche tempo prima. Ancora paralizzata dalla paura, Lidia non mosse un muscolo.

“Coraggio giovane Allenatrice. Ti prometto che nessuno verrà a sapere della tua presenza qui. Anche se venissimo scoperti, posso giustificare questa intrusione nella biblioteca per motivi di ricerca, nessuno farà domande. I tuoi genitori non sapranno mai di questa tua piccola avventura, ti prometto che tutto finirà in poco tempo: si tratta solamente di entrare in una stanza, prendere un libro e uscire, nulla di più. Ora coraggio, fai uscire Dusclops dalla tua Poké Ball” disse Morasia quasi a voler utilizzare la sua autorità da professoressa per convincere la studentessa intimorita.

L’ordine ebbe l’effetto sperato sulla ragazza che, forse rincuorata dalle parole della storica, senza proferir parola unì il suo Dusclops al gruppo di fantasmi che si ritrovava ormai di fronte allo scaffale fatidico.

Quello che successe di seguito lasciò sbalorditi tutti i presenti, eccetto la professoressa. Dopo il suo comando, i tre Pokémon usarono Ombra Notturna allo stesso momento, colpendo lo scaffale spettrale. Come protetto da un antico incantesimo, il legno che sorreggeva i libri non si danneggiò minimamente da quella potente scarica di energia spettrale. Come nei più classici romanzi, la libreria cominciò invece a ruotare. Il meccanismo però non consisteva nel muovere un particolare libro chiave, ma nell’utilizzare quei tre Pokémon e quella mossa, come spiegò Morasia ai tre giovani. “Il motivo per cui avevo bisogno di Dusclops, Jellicent e Ceruledge vi sarà presto chiaro” concluse poi la storica.

Davanti ai quattro protagonisti si apriva ora una piccola fessura che dava su di un corridoio. Le pareti erano rivestite di un legno umido e ammuffito, ricoperto di foglie marce che sicuramente erano la fonte dell’odore nauseabondo che Morasia, Savio e Ario sentivano chiaramente mentre percorrevano il corridoio. Lidia era ancora bloccata di fronte all’entrata, molto pallida in viso. A quel punto Morasia si accorse che la ragazza era rimasta fuori dal corridoio e disse “coraggio Lidia, siamo dentro, non ti puoi tirare indietro ora”. La ragazza provava emozioni contrastanti in quel momento. La curiosità l’assaliva e l’ebbrezza data dall’effrazione le faceva battere velocemente il cuore. Ancora non riusciva però a muovere le gambe perché un pensiero la bloccava: una volta salito l’ultimo gradino della scala che portava al secondo piano, quello che aveva visto non era solamente la professoressa Morasia. La ragazza sapeva che il gruppo ormai era osservato

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Capitolo 2: il Finis Paldeae

Dopo qualche minuto di persuasione, Lidia si era fatta convincere dai presenti a entrare nel corridoio puzzolente. In precedenza, le sembrava chiaramente di aver visto un Pokémon a lei sconosciuto tenere d’occhio la professoressa mentre leggeva. Ma del resto la possibilità che qualche Pokémon Spettro si aggirasse nella biblioteca di notte non era da scartare e, sicuramente, qualche dispetto del solito Gastly di turno non li avrebbe infastiditi, come l’impavido Ario le aveva più volte ripetuto. La sensazione di essere osservati non le si scollava di dosso, ma la curiosità della giovane Allenatrice le diede le forze di accompagnare il resto del gruppo dentro la grande stanza eptagonale che si collocava al termine del puzzolente corridoio.

Non c’erano finestre e l’aria si faceva sempre più pesante dentro quello spazio proibito. L’unica fonte di luce proveniva da un lanterna posata sopra il tavolo che occupava il centro della stanza. La lanterna attirò l’attenzione di Savio: al suo interno era costruito un singolare meccanismo che permetteva al fuoco non solo di illuminare la stanza, ma anche di bruciare lentamente delle foglie posizionate a debita distanza sopra la flebile fiamma, cospargendo così l’ambiente di un piacevole profumo che rendeva l’aria più respirabile. “Un meccanismo antico quanto efficace” commentò il giovane ragazzo dopo una veloce ispezione del congegno.

Nel frattempo, Lidia e Morasia stavano esaminando i libri collezionati negli scaffali che occupavano le pareti. “La Vera Storia di Lavandonia” e “Archivio dei Dispersi nel Bosco Evopoli” erano alcuni dei titoli che le due leggevano a voce alta. “Nulla di veramente stravagante” commentò Morasia, “alcune di queste storie sono semplici leggende, sicuramente Clavel non ha motivo di nascondere tali sciocchezze.

A quel punto, Ario, forse per la prima volta sentitosi veramente colpevole per la sua ignoranza in merito alle lingue antiche, chiese ai presenti “che cosa significa Finis Paldeae?“. Il giovane Allenatore aveva sollevato un libro che stava sopra il tavolo, unico oggetto che affiancava la lanterna oltre a un paio di spessi guanti bianchi. Il titolo del libro confuse tutti i presenti, vista anche l’assenza di indicazioni sull’autore. La professoressa, nonostante la sua incredibile memoria per i titoli dei trattati storici e scientifici, non aveva mai sentito parlare di questo Finis Paldeae, ma sapeva che un libro particolarmente segreto era rinchiuso tra quelle sette mura. Che fosse proprio quello? Quando prese fra le sue mani il libro, la vista della copertina confermò immediatamente questa supposizione.

I quattro si avvicinarono al centro della stanza e cominciarono a sfogliarne il contenuto. Tra tutti i volumi nella stanza proibita quello aveva attirato l’attenzione dei presenti per una motivazione precisa: la copertina raffigurava le sagome di tre Pokémon che tutti conoscevano fin troppo bene: Dusclops, Jellicent e Ceruledge. Ormai non c’era più alcun dubbio su quale tipo di tesoro la stanza nascondesse. Avevano fra le mani il segreto della biblioteca dell’Accademia e, nonostante non fosse paragonabile a quantità spropositate di Caramelle Rare, la sete di conoscenza dei presenti aveva raggiunto un limite insopportabile. Si misero così a leggere il contenuto del libro, seduti in cerchio sul freddo pavimento. Il manoscritto era diviso in capitoli che trattavano di ciascuno dei Pokémon in copertina. A turno, i tre curiosi studenti lessero le storie, ignari di quale grave colpa si stessero inconsapevolmente macchiando…

Capitolo 3: Orrore al Monte Pira

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In un’epoca lontana, ai piedi del Monte Pira, nella regione di Hoenn, sorgeva un piccolo e tranquillo centro abitato. Ricchi di risorse, gli abitanti del villaggio vivevano una vita pacata e agiata, in armonia con i Pokémon, che allevavano e accudivano con dedizione.

Qualcosa di ben più oscuro era scritto nel destino di questo piccolo centro: un’antica profezia preoccupava, infatti, gli anziani del villaggio. “In queste terre minacciate dal buio, un prescelto sorgerà, destinato a combattere contro l’oscurità che cela i ricordi più giocondi”. Ciò che spettava a quel villaggio e ai suoi abitanti era scritto con un inchiostro più nero della notte più profonda.

Tra le creste del Monte Pira viveva un Dusclops, il cui desiderio era di avere un Allenatore vicino. Tuttavia, forse per il suo aspetto o per le voci terribili sul suo conto, nessuno osava avvicinarsi. Dusclops, invidioso degli altri Pokémon, decise una sera di scendere a valle per incontrare faccia a faccia gli umani. Alla sua vista, tutti iniziarono a fuggire e a ripararsi nelle proprie dimore, rivolgendogli contro offese e minacciandolo con i loro Pokémon più forti. Triste e deluso dal loro atteggiamento, si ritirò in una vita solitaria, nascosto nell’oscurità delle grotte che cingevano le pendici del Monte.

Il villaggio iniziò a perire indicibili dolori: morti improvvise di neonati, malattie, carestia, siccità. Queste furono solo alcune delle disgrazie che travolsero gli abitanti. Vivida la profezia e memori di quella sera e del mostro che tentò di avvicinarli, gli anziani del villaggio iniziarono a seminare un grande sospetto: di sicuro il colpevole di tanti disastri era solo e soltanto uno, quel “maledetto” Dusclops!

Come un tarlo nelle loro menti, l’odio e il risentimento verso quella creatura si intensificò, finché un’altra sciagura non attaccò gli abitanti di quel disgraziato villaggio, la morte del saggio più anziano. Senza alcuna prova di colpevolezza, gli Allenatori decisero di dare la caccia a Dusclops. Risalirono la montagna, cercando di stanare la creatura da quelle grotte. Non trovandola, decisero di salire verso la vetta del Monte Pira. Nessun uomo, fino ad allora, si era spinto così oltre in quelle terre. Una nebbia fittissima avvolgeva la cima e il pericolo era nell’aria.

Giunti sulla vetta e pronti a difendere il villaggio, si ritrovarono dinanzi al Pokémon. Tuttavia il mostro che si ritrovarono di fronte non era quello che ricordavano. Dusclops era più grande e il suo unico occhio bruciava di un vivido rosso. Pur di difendersi, il suo potere e la sua energia crebbero a dismisura, rendendolo un esemplare Alfa. Sulla cima del Monte Pira si consumò uno degli scontri più cruenti tra umani e Pokémon. Gli Allenatori scagliarono contro Dusclops i loro compagni migliori. Delcatty, Shiftry, Sharpedo, nulla poterono fare contro tale furia. Anche i possenti Walrein, Metagross e Slaking perirono sotto quel condensato di rimorso e oscurità. Dusclops, con una ferocia mai vista prima, si scagliò contro i Pokémon avversari, dilaniandone i corpi e squarciandone le membra. Urla e versi strazianti furono uditi fino a valle. Poi, di colpo, il silenzio.

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Spaventati dai rumori che tuonavano dal Monte Pira, i popolani si rinchiusero nelle loro case, stringendo a sé anziani e bambini. Tra le stradine, il rumore della ghiaia e da lontano un grande occhio scarlatto che si avvicinava. Qualcosa di spaventoso stava attaccando il villaggio, qualcosa di così oscuro che anche la luna sembrò spegnersi. Un fischio e il buio inghiotti l’intero villaggio, come un immenso e violento buco nero. Di nuovo il silenzio e poi il nulla.

Di quel villaggio non rimase niente e la sua storia fu ridotta a leggenda, che ben presto tutti dimenticarono. Oggi si dice che il fantasma di una bambina dimori sul Monte Pira, tra lampade e lanterne votive, alla ricerca di un “prescelto” destinato a non lasciare dimenticata la memoria del villaggio dove visse, caduta in un oscuro e orribile oblio.

Capitolo 4: La vendetta del mare

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Anticamente, nella cittadina di Grecalopoli della regione di Unima, viveva una nobile famiglia, rispettata e ammirata da tutti. La figlia minore, Shira, era una ragazza bellissima, dai capelli color rosa e gli occhi azzurri come il mare, curiosa, amante della natura e dei libri. Il padre, Cipriano, ne era molto geloso e non permetteva a nessun uomo di corteggiarla: sarebbe stato lui, un giorno, a combinare un matrimonio, magari con una facoltosa famiglia di Alola.

Un giorno, mentre era immersa in una delle sue letture, vide da lontano una nave che si avvicinava alle coste di Grecalopoli. Un grande vascello, con una enorme testa di Samurott come polena e una bandiera che non lasciava dubbi: era la nave della ciurma di Hawk, il Terrore del mare occidentale. Con il suo fare garbato, il suo bell’aspetto e gli intriganti occhi color ocra, il pirata fece breccia nel cuore dell’ingenua fanciulla, che iniziò a frequentare in gran segreto.

Passarono i mesi e la ciurma era pronta a ripartire verso la prossima meta. Shira, ormai innamorata dell’audace filibustiere, non riusciva a sopportare l’idea di doversi allontanare da lui per mesi o addirittura anni. Hawk, con belle e dolci parole, le promise che un giorno o l’altro sarebbe tornato, pronto a sposarla e a vivere con lei il resto della sua vita. Shira, folle innamorata, decise di affrontare il padre, confessandogli il suo amore segreto per il pirata. Lo pregò di lasciarla partire con la ciurma, affinché potesse vivere libera il suo amore, ma furono parole vane, che sortirono solo l’effetto contrario: il padre, in preda alla gelosia e alla sua autorità, la rinchiuse in una stanza della villa, almeno finché il vascello non avesse levato l’àncora. Shira, non potendo più tollerare tale trattamento, calata la notte, scappò dalla finestra e corse verso la nave. Salita a bordo, un’atroce fitta le colpì il cuore: Hawk stava giacendo con un’altra donna.

Ferita dal padre e tradita dall’uomo che amava, la fanciulla si buttò in mare, dove morì. Il suo corpo non fu mai ritrovato e in suo onore fu costruita una piccola lapide: “A Shira, che il mare calmo ti consoli”.

Passarono molti anni da quella tragedia e il padre della fanciulla si ammalò gravemente. In preda a un doloroso morbo, era ormai completamente paralizzato, con i muscoli rigidi e duri come la pietra. Secondo un’antica leggenda, sul fondo del mare di Grecalopoli giaceva un relitto, appartenuto al discendente dell’antico popolo del mare, un certo Paracelso. In questa nave fu nascosta una cura per tutte le malattie, prodotta da antiche arti alchemiche. Cipriano decise di incaricare proprio Hawk di recuperare l’antidoto, in cambio di molto denaro.

Il pirata, con parte della sua ciurma, si immerse nelle placide acque e nuotò fino in profondità. Sul fondo, trovarono il relitto, ormai ridotto a un cumulo di legno e travi, mangiato dalle alghe e dall’acqua salmastra. Entrarono da un’apertura sul lato e furono immediatamente inghiottiti dal buio più totale. Da dietro una colonna, ancora miracolosamente in piedi, spuntarono due grandi bagliori celesti. Due enormi occhi che iniziarono a fissare Hawk intensamente: nello sguardo di quel Jellicent riconobbe la signorina Shira.

Jellicent, con violenza, trascinò verso di sé il pirata e guardandolo fisso negli occhi risucchiò tutta la sua energia vitale. Hawk non poté nulla contro quella violenza, se non invocare, in un tombale silenzio, il perdono. Dopo di lui, la medesima sorte toccò ai pirati che lo accompagnavano e dopo ancora al resto dell’equipaggio, rimasto a bordo della nave, che affondò nel mare. Non soddisfatta, Jellicent, con al suo seguito una schiera di Frillish rosa e celesti, sfilarono lungo la costa di Grecalopoli, ognuno con un obiettivo: vendetta. Mentre i Frillish punirono coloro che in vita avevano causato sofferenza, Jellicent si intrufolò silenziosa nella sua vecchia villa, dove attaccò Cipriano, ormai esamine. Dopo anni di sofferenza, morte e rinascita, Shira aveva compiuto la sua vendetta, cibandosi della forza vitale di chi l’aveva tradita e maltrattata.

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Ancora oggi, chi naviga lungo in mare, lo fa con prudenza e superstizione. Che siano navi mercantili o petroliere, a bordo è sempre opportuno tenere con sé il portafortuna per eccellenza per chi attraversa il mare: un ciondolo col volto di una donna, al fine di tenere a bada la collera e la fame di quella immonda creatura di cui, da secoli, si son perse le tracce.

Capitolo 5: Il crepitio del fuoco

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Molti anni fa, in una solitaria capanna alla base della fredda Sierra Napada, vivevano due fratelli, Lino e Abelio. Rimasti orfani, condividevano una vita umile e povera: Lino, il fratello maggiore, si dedicava con passione all’agricoltura, mentre Abelio, il minore, era un abile falegname. Tra i due, Lino dovette vivere all’ombra di Abelio, bellissimo bambino che sembrava attirare l’attenzione e l’affetto di chiunque lo incontrasse: chi poteva mai resistere a quei riccioli biondi?

In una fredda notte, mentre cercavano di scaldarsi dinanzi a un piccolo fuoco crepitante, accadde loro qualcosa di straordinario e impensabile: come un fischio, dalle fiamme si levò una voce che sussurrò parole oscure e un intenso odore di incenso inondò la piccola capanna. Dal focolare, due miseri carboni ardenti si trasformarono in due esemplari di Charcadet, uno per ciascun fratello.

Seppur inizialmente spaventati dal potere dei due Pokémon, i fratelli e le creature vissero in armonia. Mentre il Charcadet di Abelio era gentile e protettivo, l’altro era furbo e intelligente. Sperimentando una profonda crescita personale, i due ragazzi divennero ben presto adulti, così come uno dei due Charcadet, quello di Lino, che crescendo di potere si trasformò in un bellissimo e vivace Armarouge.

Tuttavia, quell’idilliaco senso di unità e di famiglia era destinato a una sorte più crudele. Armarouge, traboccante di energia psichica, intuì le sofferenze di Lino, oscurato sin dall’infanzia dal carisma del fratello minore. Furbo e manipolatore, ma allo stesso tempo affezionato e fedele al suo Allenatore, il Pokémon cercò di convincere Lino che la soluzione ai suoi problemi fosse soltanto una: eliminare definitivamente Abelio. Lino, confuso e corrotto dall’invidia, fu debole di cuore e compì l’atroce omicidio.

Il piccolo Charcadet di Abelio assistette al terribile delitto e corse verso il corpo esamine del suo compagno. Impregnato di amore, rancore e impotenza, Charcadet si evolse in Ceruledge. Con occhi rossi e ardenti come il fuoco, il Pokémon giurò vendetta per la morte del suo Allenatore, scagliandosi ferocemente contro Lino e Armarouge. In una sanguinosa battaglia, Ceruledge trionfò con le sue lame spettrali e infuocate, uccidendo Armarouge e il fratello peccatore. La sua vendetta, però, non finì lì: per l’orrore vissuto e disgustato dalla mente malvagia, debole e malata dell’uomo, iniziò a odiare il genere umano, sterminando anche i più innocui esploratori e montanari. Per anni più nessuno si addentrò tra i percorsi di quella montagna, tanto pittoresca quanto terribile.

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La capanna restò vuota e disabitata, circondata da un’aura sinistra, con Ceruledge come guardiano, pronto a ridurre in pezzi chiunque osasse avventurarsi in quelle lande gelide. Ancora oggi, il vento continua a sferzare e a ululare tra le cime innevate della Sierra Nepada, portando con sé il freddo abbraccio della vendetta.

Capitolo 6: ingordigia

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Sconvolti dalla crudezza delle immagini suscitate dal libro, i quattro conclusero la lettura con l’amaro in bocca. L’opinione che avevano dei propri Pokémon doveva cambiare ora? Dusclops, Jellicent e Ceruledge erano davvero capaci di queste atrocità? Ma soprattutto, perché qualcuno avrebbe dovuto nascondere queste storie? Del resto non compromettevano l’Accademia in alcun modo, né alcuno dei suoi professori.

Ario sbottò “Queste storie non possono essere vere. Il mio Ceruledge è un mostro in battaglia, questo è vero, ma non farebbe del male a una mosca fuori dai combattimenti”. Ceruledge, con Dusclops e Jellicent in coro, sembravano concordare in pieno col giovane Allenatore.

“Ti sbagli. Ma solo in parte, il che è strano: per una volta concordiamo su qualcosa” gli rispose Savio. “Di sicuro il mio Jellicent non farebbe mai del male a qualcuno, così come gli altri nostri due compagni Pokémon. Ma ciò non vuol dire che questi racconti siano falsi. Anzi, il fatto che siano relegati in questa stanza mi sembra una prova evidente: raccontano una verità che nessuno dovrebbe sapere. Quel che mi sfugge è il motivo per cui queste storie debbano cadere nel dimenticatoio…”

A quel punto Morasia prese parola. “La questione è semplice” disse “chiunque abbia nascosto questo libro l’ha fatto per proteggere i Pokémon. Queste sono storie veritiere e violente, che possono impressionare chiunque le legga. Avete mai visto un qualsiasi Pokémon, non solamente un esemplare di Dusclops o Jellicent, fare del male volontariamente a qualche essere umano? Io no. Eppure questo non vuol dire che il rapporto fra umani e Pokémon sia sempre stato lo stesso. Finis Paldeae dimostra fino a che punto i Pokémon possono spingersi se aizzati. Delle storie cruente come queste possono far cambiare idea alle persone molto velocemente. Oggi viviamo in pace con i nostri compagni Pokémon, ma se il libro cadesse nelle mani delle persone sbagliate, sono sicura che potrebbero esserci conseguenze importanti in come viviamo quotidianamente con queste creature al nostro fianco. Del resto, fino a che punto siamo sicuri di poter controllare queste creature dai poteri meravigliosi?”

Mentre Morasia parlava, i tre Pokémon sembravano non capire i suoi ragionamenti, ma tentavano di seguire i discorsi intuendo lo sconforto che riempiva il cuore dei presenti. Dopo una breve pausa, Morasia riprese il suo discorso: “Guerre tra umani e umani ci sono già state in passato. L’antica storia della regione di Sinnoh ci racconta di scontri anche fra umani e Pokémon, perciò è lecito pensare che un libro come questo potrebbe portare molte persone a guardare con occhio diverso le creature che popolano il nostro mondo. Allo stesso tempo, chiunque abbia trovato questo manoscritto deve amare la conoscenza a tal punto da decidere di non distruggerlo. Del resto, conservare e archiviare è parte del lavoro di qualsiasi studioso, indipendentemente dalla negatività dei risultati riscontrati. Sono quindi sicura di aver capito perché Clavel abbia costruito questa stanza: per preservare intatta la relazione fra umani e Pokémon. Il vero tesoro dell’Accademia Uva è la volontà di conservare il buon rapporto fra umani e Pokémon nascondendo ciò che è bene non si sappia”.

Dopo aver sentito queste profonde riflessioni, Savio e Ario tacevano assorti. Lidia, unica che ancora non aveva commentato i fatti scoperti, era di nuovo pallida in viso. Più accorta degli altri, abituata dalle lunghe sessioni di studio a non farsi distrarre facilmente, Lidia aveva osservato bene i presenti mentre si leggeva il libro. Un dettaglio che gli altri non avevano notato, al buio della sala mal illuminata, la stava spaventando particolarmente. La punta del suo pollice, indice e anulare era completamente nera. Così anche le mani di chi toccava il libro dopo di lei. Ammutolita, il suo corpo aveva smesso di rispondere, ma la sua mente ancora funzionava. Che stava succedendo? Dietro di lei i tre Pokémon si erano profondamente addormentati, che fosse a causa delle foglie di tè che la lampada stava bruciando? Forse il profumo celava un potente narcotico per Pokémon? Ormai qualsiasi pensiero la spaventava, ma nulla più della figura del Pokémon che aveva visto prima di entrare nella stanza proibita. Inizialmente scambiato per un oggetto, la sagoma di una piccola tazza con due occhi gialli le tornava continuamente in mente. La sensazione di essere osservata non l’aveva mai abbandonata e ora sentiva sempre più il peso di sguardi maligni su di lei.

Il malessere psichico divenne presto anche fisico. L’annerimento delle dita era solo l’inizio. Dopo poco, Lidia scoprì che l’incapacità di alzarsi non era dovuta alla paura, o quantomeno non solo a quella. Il suo corpo era completamente paralizzato, così come quello di tutti i presenti ormai. I Pokémon, profondamente assopiti, non potevano aiutarli in alcun modo. Presto, le loro mani divennero completamente nere, quasi marce come le foglie che si trovavano all’ingresso della stanza segreta. Il corpo di Savio si accasciò sul terreno per primo, seguito da Ario e poi da Morasia. Prima di aggiungersi ai suoi compagni, Lidia fece in tempo a gettare l’ultimo sguardo sopra il tavolo che decorava la stanza: i guanti, la lanterna e una tazza dal contenuto verde. Il suo viso si accasciò a terra, a fianco del libro proibito.

Accademia Uva di notte

Capitolo 7: requiem

Era un’insolita giornata afosa per il periodo dell’anno, ma tutti i presenti, forse eccetto la madre di Savio, sapevano che a Paldea il freddo arrivava molto tardi. Ciò nonostante, l’occasione non permetteva di godersi al meglio il clima. Il campo d’addestramento per le lotte Pokémon era stato allestito per accogliere i numerosi presenti. Sicuramente un peccato sprecare uno spazio dedicato alle lotte in quel modo, avrebbe detto Ario.

La madre di Savio aveva fatto sapere a Clavel che anche quell’anno lei sarebbe stata l’unica a presenziare alla commemorazione. Il marito, così come la famosa coppia di esploratori che aveva mandato Lidia a studiare all’Accademia, ancora non avevano perso le speranze e da ormai due anni vagavano alla ricerca dei loro figli.

“Siamo qui riuniti oggi per ricordare la scomparsa di Ario, Lidia e Savio, tre dei più brillanti studenti che l’Accademia Uva abbia mai avuto, e della professoressa Morasia, grande esperta di storia Pokémon rinomata a livello mondiale” esordì Clavel dopo essere salito sul palco tra il silenzio e la commozione generale. “Ritrovarsi qui non significa solamente piangere per la misteriosa assenza di questi cari compagni di viaggio, scomparsi senza lasciare la minima traccia della loro partenza, ma ricordare anche che c’è speranza. Ormai sono passati due anni da quanto le loro stanze sono state trovate vuote. Questo non significa che dobbiamo concludere il peggio. Il mondo è incredibilmente vasto, tesori e meraviglie vi attendono in ogni angolo e i Pokémon saranno sempre al vostro fianco come fedeli compagni d’avventura. Sono fiducioso nel dire quanto segue: una mente eccelsa come quella di Savio, l’incredibile dedizione allo studio e alla scoperta di Lidia e Morasia, l’ardore per il combattimento di Ario, sono i fattori che li hanno allontanati dall’Accademia. In questo momento la loro sete di conoscenza, forse più grande di quanto siamo capaci di immaginare, li sta portando verso tesori fantastici. Magari stanno solcando i mari di regioni sconosciute, scalando le montagne di Sinnoh o ammirando le cascate di Johto. Sicuramente il nostro dovere non è quello di compiangere la scomparsa dei nostri amati compagni e mentori, ma dobbiamo ricordare chi ci ha lasciati indietro con nostalgia e gioia: sono certamente in un posto migliore, un posto pronto ad accogliere la loro ingordigia di conoscenza.”

Il discorso era stato molto conciso, come già successo l’anno precedente. Clavel sceglieva sempre al meglio le parole per raccogliere ed esprimere le emozioni di tutti i presenti. La lunghissima esperienza all’Accademia, prima come bibliotecario e poi come preside, aveva dato i suoi frutti. Dopo il suo discorso di inaugurazione, annunciò che quell’anno i presenti avrebbero ascoltato alcuni pensieri della madre di Savio, arrivata da pochi giorni da Unima.

Il preside dell’Accademia Uva scese così dal palco con passo deciso, naturalmente seguito dal suo fidato Sinistcha

Crediti

Idea: Silvio Roberti e Federico Dal Barco.

Copertina: kyussan

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